La nascita di Rita
La Santa dei Casi Impossibili, venerata e amata da innumerevoli fedeli in ogni parte del mondo, nasce, con il nome di Margherita Lotti, da Antonio Lotti ed Amata Ferri nel 1381 a Roccaporena, frazione a soli 5 km da Cascia. Il segno divino della sua gloria, arriva già in tenera età, con il famoso miracolo delle api: un’antica tradizione narra infatti che mentre dormiva in culla volarono dalla sua bocca cinque api, simbolo di elezione divina. La piccola Rita, viene al mondo in un clima di serenità e impara fin da subito ad amare Dio nel suo prossimo, grazie ai suoi genitori, pii e misericordiosi, che svolgevano la delicata e importante missione di “pacieri” e grazie anche all’educazione degli Agostiniani.
Rita moglie e madre
All’età di sedici anni, Rita sposa Paolo di Ferdinando Mancini, un uomo dal carattere aspro, che l’amore e la vicinanza di Rita aiutano a vivere un’esistenza più cristiana. L’unione viene benedetta dalla nascita di due figli, forse gemelli, Giangiacomo e Paolo Maria, e grazie alla sua perseveranza nel rispondere con dolcezza alla violenza, Rita riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito, rendendolo più docile. I figli crebbero educati dalla mamma secondo i principi che le erano stati trasmessi dai suoi genitori, ma essi purtroppo assimilarono anche gli ideali e le regole della comunità casciana, che fra l’altro riteneva legittima la vendetta. Il matrimonio viene però spezzato duramente dopo diciotto anni quando Paolo viene ucciso in un’imboscata lungo il fiume Corno. Fu opera senz’altro di qualcuno che non gli aveva perdonato le precedenti violenze subite. Ai figli ormai grandicelli, cercò di nascondere la morte violenta del padre. Da quel drammatico giorno visse con il timore della perdita anche dei figli, perché aveva saputo che gli uccisori del marito erano decisi ad eliminare gli appartenenti al cognome Mancini. Nello stesso tempo i suoi cognati avevano deciso di vendicare l’uccisione di Paolo e quindi anche i figli sarebbero stati coinvolti nella faida di vendette che ne sarebbe seguita. Nel suo cuore e nelle sue preghiere, Rita perdona gli assassini di suo marito, e questo le costa il risentimento della famiglia Mancini. Inoltre, un dolore ancora più grande la affligge, quello di vedere i suoi figli macchiarsi del peccato della vendetta e prega Dio perché ciò non accada. Ma di li a poco, è una grave malattia a spegnere la vita dei due ragazzi. Sola e chiusa nella sofferenza, Rita si rifugia nella preghiera, tanto da maturare con forza il desiderio di diventare sposa di Cristo.
L’ingresso in monastero
Così, all’età di 36 anni, privata dei suoi affetti più cari, Rita si rivolse alle Suore Agostiniane del monastero di S. Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro. Fu respinta per tre volte. I motivi non sono chiari, ma sembra che le suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie del luogo. Solo dopo una riappacificazione, avvenuta pubblicamente tra i fratelli del marito ed i suoi uccisori, ella venne accettata in monastero. Per la tradizione l’ingresso avvenne misteriosamente nell’anno 1407: si narra che una notte Rita, come al solito, si era recata a pregare sullo Scoglio e qui ebbe la visione dei suoi tre Santi protettori (Sant’Agostino, San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino) che la trasportarono a Cascia, introducendola nel monastero dentro al Coro. La nuova vita di suor Rita dura per ben quarant’anni, durante i quali ella professa la preghiera, la penitenza, la carità e l’obbedienza. Anche l’umiltà è una caratteristica del suo animo e la dimostra già dai primi tempi, quando da novizia viene messa alla prova dalla Madre Badessa, che le comanda di piantare e innaffiare un arido pezzo di legno. Così fa Rita ed è Dio il primo a lodare la sua fedele servitrice facendo sbocciare una vite rigogliosa. Ecco spiegato il valore simbolico della vite, che nella vita e nel messaggio di Santa Rita, richiama i valori dell’umiltà, dell’amore e della pazienza. Negli anni di clausura, Rita raccoglie anche gli insegnamenti preziosi degli amati genitori e continua la loro missione, adoperandosi come paciera.
Il dono della spina
Negli anni il dolore di Rita non scompare e, sempre nell’amore di Dio e secondo l’educazione agostiniana, la suora lo vive ogni giorno innalzandolo alle sofferenze di Cristo per l’umanità. Questa unione è così profonda, che nel 1432, assorta in preghiera, Rita chiede al Signore di renderla partecipe delle sue sofferenze. In quel momento un bagliore di luce e una spina dal Crocifisso, tutt’ora visibile in Monastero, le si conficca nella fronte, donandole un vero e proprio sigillo d’amore, che Rita portò per ben 15 anni, fino alla morte. La ferita, sanguinante e dolorosa, si chiude inspiegabilmente una sola volta, quando Rita sta per intraprendere il suo primo viaggio fuori Cascia, recandosi in pellegrinaggio penitenziale a piedi a Roma. La piaga, torna a riaprirsi con il suo ritorno nel Monastero.
La morte e la canonizzazione
Oltre alla stigmate in fronte, Rita si avvicina alla fine della sua vita provata da una grave malattia, che la costringe a letto nella sua cella per lunghi periodi. Un giorno, una parente le fa visita e Rita, il cui cuore non aveva mai dimenticato Roccaporena, le chiede di recarsi al suo vecchio orto per cogliere per lei due rose e due fichi. Il fatto che fosse gennaio e che ci fosse neve e gelo, fa pensare ad un delirio causato dalla malattia, ma la parente si reca lo stesso all’orto di Roccaporena e trova quei frutti della terra, l’ultimo dono d’amore di Dio che aveva esaudito i desideri di Rita. Per questo la rosa è da sempre il simbolo ritiano per eccellenza. Solo dopo pochi mesi, nella notte tra il 21 e il 22 maggio del 1447, Rita sale al cielo e la tradizione racconta che, mosse da mani invisibili, le campane iniziarono a suonare, chiamando la cittadinanza, che subito accorse ad onorare Rita, per il popolo già Santa. Fu proprio il continuo pellegrinaggio al corpo di Rita, che portò a non seppellirlo ma a riporlo in una cassa, la prima detta “cassa umile” costruita, come riportato sulle carte del processo di canonizzazione, da Mastro Cicco, malato alle mani, il quale giunto a Cascia proprio per vedere il corpo di Rita, disse di aver tanto voluto costruire lui stesso la cassa, cosa che fece dopo un’inspiegabile guarigione. Questo è solo uno dei primi tra gli innumerevoli miracoli attribuiti alla Santa, dei quali si tiene un codice già dal 1457 e che continuano ad essere testimoniati. Sempre nel 1457, un incendio divampato nell’oratorio minaccia la cassa e il corpo di Rita che, rimasti intatti, vengono adagiati in un nuovo sarcofago, detto “cassa solenne”, la quale riporta dei bellissimi dipinti, tra cui l’immagine di Rita e un epitaffio commemorativo. Ancora oggi, le due casse sono visibili, l’una dentro l’altra nella cella di Santa Rita in Monastero.
Divenuta Beata nel 1627, è invece dal 1737 che gli agostiniani spingono per la canonizzazione, che avverrà dopo un lungo e travagliato processo. E’ infatti il 24 maggio del 1900, quando Papa Leone XIII proclama la suora di Cascia, Santa Rita. Successivamente, poi, capendo lo sconfinato e sempre crescente amore che i fedeli dimostravano a Rita con continui pellegrinaggi, fu l’allora Badessa Madre Maria Teresa Fasce a volere la costruzione di una nuova Basilica e di un’Opera che seguisse gli insegnamenti di Rita, chiamata Alveare di Santa Rita, che ancora oggi accoglie le “apette” bambine in difficoltà. Terminati i lavori del nuovo Santuario, nel 1947, è il 18 maggio quando il corpo di Rita viene definitivamente spostato, all’interno dell’urna d’argento e cristallo realizzata già nel 1930, a sua volta custodita nel Santuario, dove ogni giorno giungono fedeli e dove il 22 maggio di ogni anno si celebra la festa in onore della Santa.
Eventi recenti
In una sola occasione il corpo ha lasciato la Basilica, per il Giubileo del 2000, quando il 20 maggio Papa Giovanni Paolo II ha ricevuto in udienza Rita e l’immensa famiglia dei suoi fedeli da ogni parte del mondo. Un incontro storico e indimenticabile, dopo il quale per volontà del Pontefice, Santa Rita è stata inserita nell’edizione tipica latina del messale romano del 2001.
In modo simbolico e a testimonianza del sempre attuale e necessario messaggio di amore e pace professato dalla Santa con la sua vita e le sue opere, la presenza di Rita in Piazza San Pietro, si è ripetuta anche il 30 settembre del 2015, quando, ancora una volta scortata da una folta folla di fedeli, una magnifica e imponente statua raffigurante la Santa degli Impossibili è stata benedetta da Papa Francesco. Il monumento, donato da un mecenate libanese a nome del popolo del Libano e in virtù di un legame di pace, fede e amore nato con la città di Cascia, è stato poi installato alle porte della città, per accogliere tutti i pellegrini che ogni anno giungono numerosi in visita alle terre sacre di Rita, Roccaporena e Cascia, dove la meravigliosa esperienza umana e divina di Rita è iniziata, per non finire mai.